14 - Il contributo di Eustachio Manfredi agli studi sull'aberrazione.

Pochi anni prima dell'organizzazione dell'Osservatorio Marsiliano, nel 1699, Jacques Cassini, figlio di Gian Domenico, aveva pubblicato uno scritto (119) nel quale venivano prese in esame le osservazioni riguardanti le variazioni di altezza della Stella Polare, che venivano riportate in una lettera del 1698, indirizzata da John Flamsteed a John Wallis (1616-1703) ed inclusa da quest'ultimo nel terzo tomo delle proprie opere (120). Flamsteed, con osservazioni condotte dal 1689 al 1697 e con l'analisi delle osservazioni di Hooke del 1669, confermava le variazioni stagionali nell'altezza della Polare notate da Picard nel 1671 (121). Nel discutere i risultati di Flamsteed e nel confermare la loro esattezza, Cassini, tuttavia, mostra come Flamsteed si fosse sbagliato nell'attribuire le variazioni osservate ad un moto parallattico, non avendo egli tenuto conto dell'inclinazione dell'equatore terrestre sull'eclittica. Fin dal 1704 gli astronomi parigini avevano istituito delle osservazioni relative alle possibili variazioni tra i tempi di passaggio in meridiano di due stelle. Nel 1707 Giacomo Filippo Maraldi (1665-1729), nipote e assistente di Gian Domenico Cassini, comunicò a Manfredi una serie di osservazioni relative alle differenze tra i transiti di Sirio e di Arturo per il meridiano, eseguite tra il 1704 e il 1705. Manfredi iniziò subito analoghe osservazioni a Bologna, dall'Osservatorio Marsiliano (122).

Le osservazioni bolognesi, pur se di ottima qualità, si estendono troppo poco nel tempo - a causa dell'interruzione delle attività presso l'Osservatorio Marsiliano - per poter confermare l'effetto presente in quelle di Parigi. Manfredi, tuttavia, aveva iniziato uno studio sistematico degli effetti dei moti parallattici, i cui risultati raccolse nel 1722 in un opuscolo che avrebbe costituito la prima parte del lavoro intitolato De annuis inerrantium stellarum aberrationibus, pubblicato poi nel 1729. Jacques Cassini aveva nuovamente sollevato il problema delle parallassi nel 1717 (123), avendo osservato, tra il 1714 e il 1715, l'altezza meridiana di Sirio con un cannocchiale fissato in meridiano e avendo notato piccole variazioni in altezza nelle varie stagioni dell'anno. Le sue osservazioni ben si accordavano con un movimento parallattico di otto secondi d'arco di semiampiezza ed erano in buon accordo con le stime contenute nel Cosmoteros di Huygens. Pochi anni dopo, nel 1725, Samuel Molyneux (1689-1728) aveva istituito, nell'Osservatorio Reale di Kew, delle osservazioni della stella gamma Draconis con un telescopio verticale, come già Hooke aveva fatto più di cinquanta anni prima. Agli inizi del 1726 Molyneux e James Bradley (1692-1762), che lo aiutava nelle osservazioni, si erano convinti che la declinazione della stella andava cambiando, essendo in costante diminuizione, finché a maggio invertì il movimento, raggiungendo poi in settembre il punto più alto della sua oscillazione, con una escursione di 39 secondi d'arco.

Gli astronomi bolognesi ebbero notizia di queste osservazioni, verso la fine del 1726, dalla copia di una lettera di William Derham (1657-1735) - gentiluomo inglese, cultore di astronomia ed autore di due libri intitolati Physico-Theology e Astro-Theology - indirizzata al fratello Thomas, ambasciatore d'Inghilterra a Roma (124). In questa lettera Derham prega il fratello di ringraziare Marsili per avergli fatto avere copia della traduzione italiana del suo Physico-Theology e riferisce poi dell'iniziativa di Molyneux. Non appena la strumentazione, nel maggio 1729, fu di nuovo in funzione nella Specola, quello delle parallassi fu il primo tema al quale gli astronomi bolognesi indirizzarono le osservazioni. Scegliendo alcune stelle sufficientemente brillanti, per poterle osservare anche di giorno, Manfredi impiegò per le osservazioni il semicircolo murale di Lusverg, maggiore strumento dell'osservatorio [scheda 16]. Inizialmente le osservazioni riguardarono quasi esclusivamente Sirio ed Arturo, la stessa coppia di stelle che era già stata osservata a Parigi e a Bologna venti anni prima.

Agli inizi del 1729 Manfredi raccolse in un opuscolo i propri studi e il 2 aprile l'archiatra pontificio Antonio Leprotti, suo intimo amico, gli scrisse riguardo alle difficoltà che incontrava con la censura, per il sospetto che la tesi del moto della Terra fosse troppo favorita nello scritto (125). Il 30 maggio dello stesso anno, tuttavia, lo scritto ebbe l'imprimatur dell'inquisitore bolognese. Il libro, il già ricordato De Annuis Inerrantium Stellarum Aberrationibus, è dedicato al cardinale Giovanni Antonio Davia, arcivescovo di Rimini, cultore degli studi astronomici e probabilmente copernicano convinto, dal momento che nel 1726 aveva donato all'osservatorio bolognese una grande sfera armillare - ora esposta nella "Sala dei globi" del museo [scheda 52] - che rappresentava proprio quel sistema del mondo (126). Dagli ultimi capitoli del libro, in cui si esaminano criticamente le osservazioni disponibili, prima quelle della parallasse in altezza, poi quelle relative agli effetti in ascensione retta, risulta quanto l'evidenza sperimentale apparisse allora contradditoria. Manfredi trova, infatti, che le osservazioni di Robert Hooke e quelle di Jacques Cassini relative a Sirio possono spiegarsi con un moto parallattico. Questa spiegazione, invece, non si applica a quelle di Flamsteed e a quelle relative alla differenza tra i tempi di transito di Sirio e Arturo. In queste ultime osservazioni, per altro, Manfredi constata un ottimo accordo tra i dati ottenuti a Parigi tra il 1704 e il 1705 e quelli ottenuti a Bologna negli ultimi anni. Non risulta molto chiaro quali problemi potesse avere avuto la censura ecclesiastica con questo scritto, tuttavia venne chiesto a Manfredi di esprimersi apertamente contro l'ipotesi copernicana e, da un esame del manoscritto (127), appare che l'espressione Copernici sectatores (i seguaci della setta di Copernico), venne introdotta come correzione. A questo probabilmente si ridussero le modifiche.

Già nell'ottobre del 1728 Manfredi aveva esteso il proprio programma a 14 stelle, rendendolo così più sistematico e lasciando sospettare che, a quella data, egli avesse già notizia della scoperta di Bradley.Bradley, infatti, dopo un anno di osservazioni di 12 stelle con un nuovo settore zenitale di George Graham (1673-1751), nel 1728 cominciò a constatare una certa regolarità nei loro moti, indice, quindi, di un fenomeno generale e non limitato a poche stelle. L'ampiezza e il tipo di periodicità di questi moti non ne consentivano la spiegazione con un moto parallattico né con una alterazione dell'asse terrestre. Appena Bradley ebbe chiaro che la causa di quelle variazioni derivava dall'effetto combinato del moto della Terra e della propagazione della luce, l'espose in una lettera a Sir Edmund Halley, presidente della Royal Society, che venne poi pubblicata nel fascicolo del dicembre 1728 - fascicolo che vide la luce nel febbraio del 1729 - delle Philosophical Transactions (128). Halley riferì alla Royal Society solo sommariamente del lavoro di Bradley - forse per garantirgli la priorità della scoperta - ma Leprotti mandò a Manfredi copia di una lettera di Jean-Théophile Desaguliers (1683-1744) a Brooke Taylor (1685-1731), pubblicata nel Journal Litteraire del 1729, da cui si riuscivano ad estrarre alcuni dettagli. Manfredi, con Leprotti e Thomas, Derham lavorò ancora alla traduzione della lettera e alla completa comprensione del lavoro di Bradley (129), preparando quindi un opuscolo sull'argomento. L'opuscolo, realizzato nell'ottobre del 1730, superò le difficoltà dell'inquisizione (130) e vide la luce nel 1731, nel primo volume dei Commentarii dell'Istituto bolognese, con il titolo De novissimis circa fixorum siderum errores observationibus, rimanendo per molti anni l'unico lavoro di conferma dell'opera di Bradley.

Nell'opuscolo viene descritta in dettaglio la serie di osservazioni bolognesi - raccolte tra l'ottobre del 1728 e l'ottobre dell'anno successivo - e sono accuratamente analizzate le osservazioni di Peter Horrebow (1679-1764, successore di Römer e autore, nel 1727, del lavoro intitolato Copernicus Triumphans) e quelle di Bradley. Manfredi illustra come le osservazioni bolognesi ben si accordino con la nuova legge escogitata da Bradley, sottolineando il fatto che la legge era stata dedotta dalle variazioni dei moti in declinazione e che la verifica riguardava le variazioni in ascensione retta, qualcosa, quindi, di relativamente indipendente dalle osservazioni sulle quali aveva lavorato Bradley e perciò destinata ad aumentare la fiducia nella giustezza dell'interpretazione da lui proposta. Tuttavia, nell'ultima parte, Manfredi fa attenzione a non esprimere un giudizio che lo legasse troppo alla spiegazione di Bradley dimostrante il moto della Terra. Sappiamo per certo che il problema della struttura dell'opuscolo fu discusso con Leprotti, il quale, nel novembre del 1730, scrisse a Manfredi:

"Del resto non si potrà stampare la predetta dissertazione, se non nel modo ch'ella ha pensato, e gioverà molto a levare i sospetti l'esame delle osservazioni dell'Horrebovio ritrovate non concludenti per la parallasse annua"! (131).
Nell'ottobre precedente, infatti, Manfredi aveva già scritto a Leprotti affermando di aver parlato, nell'opuscolo, della Terra mobile in via di ipotesi, solo per necessità censorie (132). Resta il dubbio, tuttavia, che Manfredi fosse soddisfatto di considerare la parte fisica dell'astronomia come relativamente ipotetica e propenso a dare maggior peso di verità alla parte puramente geometrica. Nelle Instituzioni Astronomiche, pubblicate nel 1749, che raccolgono le sue lezioni universitarie, egli afferma, infatti, che, nell'astronomia, la verità ultima da scoprire sono le regole matematiche che rendon conto del moto degli astri nel cielo; che le ipotesi "fisiche" sul perché dei movimenti sono cosa assai più ipotetica; che talvolta ipotesi del genere possono fare gran danno, deviando l'indagine da una corretta considerazione dei fenomeni - e qui cita i vortici di cartesiana memoria - anche se deve riconoscere che il sistema di Newton si accorda meravigliosamente con i fatti ed è l'unico che, a suo giudizio, abbia qualche probabilità di essere corretto (133).


 
  1. - J. Cassini: 1699, Mem. Ac. Roy. Sciences (ed. di Amsterdam), p. 247.
  2. - J. Wallis: 1699, Opera Mathematica, Tomo 3, p. 701, Oxoniae.
  3. - J. Picard: 1693, Voyage d'Oranibourg, in Anciennes Mem. Ac. Roy. Sciences (ed. di Parigi del 1729), Tomo VII, p. 193.
  4. - E. Manfredi: 1729, De annuis inerrantium stellarum aberrationibus, Bologna, p. 68 Cartella di Manfredi segnata "Parallasse annua delle stelle fisse / cose diverse" che contiene l'estratto delle osservazioni di Parigi comunicato da G. F. Maraldi e la sinossi delle osservazioni bolognesi del 1707-8. Arch. Dip. Astron. Bologna, busta VII.
  5. - J. Cassini: 1717, Mem. Ac. Roy. Sciences (ed. di Amsterdam), p. 330.
  6. - W. Derham a T. Derham, in data 19 ottobre 1726, copia. Arch. Dip. Astron. Bologna, busta VII.
  7. - Biblioteca Comunale Archiginnasio Bologna. Fondi speciali Leprotti, I.
  8. - G.G. Bolletti: 1751, Dell'origine e de' progressi dell'Instituto delle Scienze di Bologna..., L. della Volpe, Bologna, p. 112.
  9. - Arch. Dip. Astron. Bologna, busta VI.
  10. - H. Sloan a T. Derham, in data 28 gennaio 1729, copia in Arch. Dip. Astron. Bologna, busta VII.
  11. - Arch. Dip. Astron. Bologna. Busta VII, cartella di Manfredi intestata "Aberrazione Bradleyana". Leprotti a Manfredi, in data 30 agosto 1729, Biblioteca Comunale Archiginnasio Bologna. Fondi Speciali Leprotti, I. E. Manfredi: 1731, De novissimis circa fixorum siderum errores observationibus, in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, Tomo I, Bologna, p. 599. Leprotti a Manfredi, in data 1 ottobre 1729, fondo cit.
  12. - Leprotti a Manfredi, in data 29 novembre 1729 e 2 dicembre 1730, fondo cit. Manfredi a Leprotti in data 25 ottobre 1730, Biblioteca Comunale Archiginnasio Bologna, Fondo speciale Manfredi.
  13. - Leprotti a Manfredi, in data 1 novembre 1730, Fondi Speciali Leprotti, I.
  14. - Manfredi a Leprotti, in data 25 ottobre 1730. Biblioteca Comunale Archiginnasio Bologna, Fondo speciale Manfredi.
  15. - E. Manfredi: 1749, Instituzioni Astronomiche, Bologna, pp. V e IX.