13 - Il progetto culturale di Luigi Ferdinando Marsili e di Eustachio Manfredi.

Emerge chiaramente, da quanto detto fino ad ora, come la personalità scientifica di Manfredi abbia svolto un ruolo determinante, sia nella realizzazione della Specola Marsiliana e della Specola di Palazzo Poggi, sia nel dare un'impronta alle osservazioni astronomiche bolognesi della fine del Seicento e del Settecento. Analizzando questa sua personalità scientifica, si riconoscono in essa due aspetti. Da una parte emerge la dichiarata professionalità, che si concreta negli studi geografici (101), nella compilazione delle Ephemerides Bononienses (102), nei lavori sulla riforma del calendario (103), nella determinazione degli elementi fondamentali del moto apparente del Sole (104) e nei lavori di geografo e geodeta che gli furono commissionati da prìncipi e città, in relazione alla sempre ricorrente "questione delle acque" (105). Dall'altra parte troviamo l'interesse di "filosofo", per le dottrine riguardanti la fisica del cielo, le dispute sui vari "sistemi del mondo", le proposte della fisica newtoniana (106). Un'idea, peraltro, era sempre presente nell'attività di Manfredi, come nel programma originario di Marsili: la possibilità di trovare interessi pratici nelle ricerche di "filosofia naturale". Ciò che Manfredi stesso definisce "frutti non disprezzabili, che...ritrae dall'astronomia la civil società". (107)

Il programma scientifico della Specola bolognese, pensato da Manfredi e da lui discusso con Marsili, rispecchiava quello degli Osservatori di Londra e di Parigi e - soprattutto per Marsili, come abbiamo visto - era più un programma di geografia astronomica che, di astronomia vera e propria. Marsili, infatti, era stato anche ingegnere militare nei Balcani al seguito dell'armata imperiale e lì aveva affrontato il problema della determinazione astronomica delle coordinate geografiche di alcune località in cui si svolgevano le campagne militari. Va aggiunto a questo il fatto che i lavori svolti a Bologna, nella metà del secolo, da Gian Domenico Cassini e principalmente le osservazioni delle eclissi dei satelliti di Giove, che gli avevano permesso di sviluppare un metodo pratico per la determinazione della longitudine geografica, senz'altro avevano lasciato il segno nell'ambiente culturale e scientifico bolognese e soprattutto nel giovane Manfredi. Scrive nel 1711 Manfredi a Marsili, che si trovava in visita a Roma per sollecitare il Papa a favore dell'Istituto bolognese:

"Il frutto principale che si ricava dalle osservazioni astronomiche è la riforma della Geografia. Quella dell'Italia ne ha gran bisogno, essendo le carte del Magini tutte false nella graduazione, e molto peggiori di quelle, che si vanno tutto giorno pubblicando in Italia, e massime a Roma. L'impresa di emendare la Geografia dell'Italia richiede la residenza fissa di un Astronomo in un Osservatorio, come appunto sarà quello di V.E., e richiede di più il viaggio di uno, o di due altri Astronomi per le spiagge, e punti principali, che può finirsi in un paro d'anni..." (108).
D'altra parte, del lavoro in questa direzione era già stato fatto: era stata determinata accuratamente la differenza di longitudine tra Bologna e Parigi, erano stati progettati strumenti semplici e trasportabili, per ottenere il mezzogiorno in varie località con il metodo delle altezze corrispondenti (109), erano state pubblicate nelle Mémories de l'Académie Royale des Sciences una lista di longitudini, ottenute da occultazioni di stelle da parte della Luna, con un metodo ideato da Manfredi (110). Nonostante ciò, tuttavia, il programma non fu realizzato: probabilmente esso era troppo ambizioso per i tempi e per le condizioni politiche dell'Italia. Rimasero, invece, alcune iniziative che si possono pensare in qualche modo ad esso collegate. La più importante fu la compilazione e la stampa delle Ephemerides Bononienses (111), che rimasero per vari decenni le più estese e complete tra le molte prodotte in Europa, raggiungendo una vasta diffusione e contribuendo, quindi, a rendere famosa l'istituzione bolognese. Compilate da Manfredi con l'importante aiuto delle sorelle Teresa e Maddalena (112) e utilizzando le cosidette tavole "cassiniane" - realizzate a Parigi e ottenute per interessamento di Marsili (113) - le Ephemerides Bononienses contenevano tutto ciò che poteva essere utile per la determinazione astronomica delle coordinate geografiche dei siti. I calcoli furono sviluppati per la prima volta fino al punto da rendere tale lavoro possibile anche ai non specialisti - e qui appare l'impronta delle idee illuministe dell'artefice, Manfredi, e del mecenate, Marsili ed il comune progetto di fruizione pubblica delle scoperte scientifiche - offrendo sinossi dettagliate delle effemeridi della Luna e dei pianeti ed ogni possibile informazione sulle eclissi solari e lunari, oltre che dei satelliti di Giove, e su quanto concerneva le occultazioni di stelle da parte della Luna. Furono inoltre accompagnate da un volume introduttivo - Introductio in Ephemerides - che descriveva in dettaglio il loro impiego, assieme alle modalità delle varie operazioni astronomiche da eseguire nei luoghi di stazione.

Come si ricordava all'inizio, gli astronomi bolognesi avevano sempre affiancato a questi compiti "pratici" e, per così dire, "istituzionali", anche interessi personali e "filosofici". L'interesse per il galileiano "problema dei Sistemi del Mondo" - vale a dire la ancora accesa disputa sui sistemi geocentrico ed eliocentrico - e per la neonata fisica newtoniana era a quei tempi enorme. Basti ricordare che Marsili, già sessantaquattrenne e non in buona salute, volle andare nel 1722 fino in Inghilterra per rendere omaggio all'allora presidente della Royal Society, Isaac Newton (1643-1727), da cui fu solennemente ricevuto in qualità di vecchio membro. Da questi contatti l'Osservatorio bolognese trarrà poi notevoli vantaggi (114). Prima di questa data, già nella metà del Seicento, Gian Domenico Cassini aveva realizzato e utilizzato la meridiana di San Petronio per dimostrare - operazione perfettamente riuscita (vedi anche paragrafo 10) - il carattere non uniforme del moto relativo della Terra e del Sole, demolendo così definitivamente l'aristotelica fisica celeste dei moti uniformi (115). Mancava ancora, tuttavia, alla fine del Seicento, una prova definitiva del moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole, oltre che del moto di rotazione intorno a se stessa. Quest'ultima prova dovrà attendere, come vedremo, gli esperimenti realizzati alla fine del Settecento a Bologna da Giovan Battista Guglielmini sulla caduta dei gravi e quelli realizzati a metà dell'Ottocento a Parigi da Léon Foucault (1819-1868) con il pendolo semplice.

Esperimento cruciale, invece, per verificare il moto della Terra intorno al Sole era considerato, fin dai tempi più antichi, l'osservazione della parallasse annua delle stelle fisse: lo spostamento apparente, nel corso dell'anno, delle coordinate delle stelle dovuto alla rotazione della Terra intorno al Sole. Spostamento, tuttavia, minimo a causa dell'enorme distanza delle stelle e, di conseguenza, molto difficile da misurare. Con la nuova strumentazione della fine del Seicento - che utilizzava il cannocchiale come strumento di mira sui sestanti e sugli altri strumenti dell'astronomia di posizione - e con l'introduzione di orologi a pendolo sempre più perfezionati per la misura degli istanti di transito, sembrava fosse venuto il momento buono per queste misure. Numerosi astronomi si cimentarono, infatti, in questo genere di osservazioni, utilizzando tecniche diverse e ottenendo risultati discordanti tra loro. Galileo aveva valutato la parallasse annua delle stelle fisse intorno ai tre primi d'arco, paragonando il diametro apparente del Sole al diametro apparente delle stelle, che lui aveva creduto di misurare con il cannocchiale. Christiaan Huygens (1629-1695), basandosi su una stima della differenza di splendore tra Sirio e il Sole, aveva supposto un valore della parallasse per questa stella di circa dieci secondi d'arco. Newton, utilizzando la luce riflessa dei pianeti per stimare la differenza di magnitudine tra le stelle e il Sole, aveva stimato per le stelle più vicine un valore di trentasei centesimi di secondo d'arco, valore non molto lontano dal vero.

Bisognerà attendere il 1838, quando Friedrich Wilhelm Bessel (1784-1846) misurò la distanza angolare fra la stella 61 Cygni e due deboli stelle di campo vicine, osservandole da Königsberg per sei mesi consecutivi, vale a dire finché la Terra e con essa l'osservatore erano passati da un'estremità all'altra del diametro orbitale. Lo strumento utilizzato da Bessel era un eliometro, costruito da Joseph Fraunhofer (1787-1846) secondo la nuova tecnica dell'obiettivo tagliato a metà lungo l'asse ottico, in grado di fornire nel campo dello stesso strumento due immagini dell'oggetto osservato. Questo strumento veniva usato per la misura di diametri dei pianeti e del Sole (da cui il nome) e di piccole distanze angolari, facendo sovrapporre nel piano focale le immagini di due stelle vicine mediante lo spostamento delle due metà dell'obiettivo. La misura di questo spostamento in millimetri forniva, dopo opportuna calibrazione, la separazione angolare tra le due stelle [scheda 41]. Le osservazioni di Bessel portarono alla determinazione di un angolo, per 61 Cygni, che risultò ammontare a trentuno centesimi di secondo d'arco. Il valore odierno per la parallasse della stella misurata da Bessel è di ventinove centesimi di secondo d'arco. Oggi si sa che la stella più vicina a noi è Proxima Centauri, la cui parallasse è di settantasei centesimi di secondo d'arco. Infatti, come risulta dalla definizione di parallasse annua, quanto più il suo valore è elevato, tanto più vicina è la stella. Non si conoscono oggi stelle con un valore di parallasse superiore a quello di Proxima Centauri, membro di un sistema di tre stelle, le cui altre due componenti, leggermente più distanti sono alfa Centauri A e B.

Ritornando ai citati tentativi seicenteschi di misurare la parallasse, è difficile a dirsi quanto quelle stime fossero note ed apprezzate dagli astronomi del tempo. Alcuni, ad esempio, ponevano il problema molto schematicamente e in termini di commensurabilità tra il diametro dell'orbita terrestre e l'orbe magno, la sfera delle stelle fisse ricordando lo scritto di Archimede nel quale si riferisce del sistema eliocentrico elaborato da Aristarco nel terzo secolo a.C. (116). Certo è che, verso la fine del diciassettesimo secolo, diversi astronomi la ricercarono, tra i quali Robert Hooke (1635-1703), Ole Römer (1644-1710), John Flamsteed (1646-1719) e Jacques Cassini (1677-1756). Nel corso di queste delicate osservazioni cominciarono ad emergere delle indicazioni, non troppo comprensibili, di spostamenti delle stelle fisse dalle posizioni medie. Ora possiamo dire che tali effetti erano, almeno in parte, dovuti all'aberrazione della luce e alle variazioni prodotte dalla pressione e dalla temperatura atmosferiche sulla rifrazione. Effetto, quest'ultimo, cui erano certamente dovute le variazioni di altezza della Stella Polare osservate già nel 1671 da Jean Picard (1620-1682) ad Uranjeborg, mentre cercava di migliorare la determinazione delle coordinate geografiche del sito del famoso osservatorio di Tycho Brahe. In un primo momento tali "aberrazioni" furono prese come indicazione di effetti parallattici, anche se ben presto divenne evidente il loro scarso accordo interno e la loro non rispondenza a quanto ci si aspettava per tali moti. Una conferma della fisica celeste newtoniana avrebbe portato, attraverso le leggi di Keplero che da essa sono deducibili, alla conferma del sistema copernicano. Di qui l'interesse, mostrato anche da Manfredi (117), per la questione delle perturbazioni dei moti planetari. Un altro metodo di stabilire, quanto meno, la rotazione diurna della Terra era la determinazione del suo appiattimento, dovuto agli effetti della forza centrifuga, come era stato suggerito per la prima volta da Huygens. Le prime indicazioni in questo senso furono, tuttavia, contrastanti e molto tempo ed enormi sforzi furono necessari per dirimere la questione. Anche in questo problema si segnala un intervento degli astronomi bolognesi, con la proposta di Eustachio Zanotti (1709-1782) - assistente presso l'Osservatorio di Bologna dal 1729 e successore di Manfredi alla sua direzione - di utilizzare le osservazioni delle occultazioni di stelle da parte della Luna per definire la forma del geoide (118). Il contributo dell'astronomia bolognese a tali problematiche verrà rapidamente illustrato nelle pagine che seguono, con particolare riguardo agli studi di Manfredi sull'aberrazione e alla compilazione, da parte di Zanotti, del primo catalogo stellare moderno, basato sulle posizioni medie delle stelle.


 
  1. - Il metodo di Manfredi per la determinazione delle longitudini, per mezzo delle occultazioni di stelle da parte della Luna, è riportato in : De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii: 1731, T. I, Bologna, p. 251.
  2. - E. Manfredi: 1715, Introductio in Ephemerides. Bologna. E. Manfredi: 1715, Ephemerides motuum coelestium ex anno MDCCXV in annum MDCCXXV, Bologna. E. Manfredi: 1725, Novissimae ephemerides motuum coelestium ex anno MDCCXXVI in annum MDCCL, Bologna.
  3. - E. Manfredi: 1744, Epitome Operis Paschalis, Bologna. Arch. Dip. Astron. Bologna, busta VI e VIII.
  4. - E. Manfredi: 1736, De Gnomone meridiano bononiensi ad Divi Petronii, Bologna.
  5. - Manfredi si occupò della "questione principale" dell'immissione del Reno nel Po, dei fiumi del ravennate e del Tevere. Per incarico del Senato di Luni e dell'arciduca di Toscana studiò anche il corso del Serchio. Documenti in Arch. Stato Bologna e in Arch. Dip. Astron. Bologna, busta VI e VIII.
  6. - Per una estesa trattazione dei lavori di Manfredi, vedi A. Braccesi e E. Baiada: 1980, Proseguendo sulla Specola di Bologna: dagli studi del Manfredi sull'aberrazione, al catalogo di stelle dello Zanotti, in Giornale di Astronomia VII, p. 5.
  7. - E. Manfredi: 1749, Instituzioni astronomiche, Bologna, p. XI.
  8. - G. Fantuzzi: op. cit., p. 319.
  9. - Arch. Dip. Astron. Bologna, busta XXXVII.
  10. - De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii: 1731, T. I, Bologna, p. 251.
  11. - B. Le Bovier de Fontenelle: 1739, Eloge de Mr. Manfredi, Hist. Ac. Roy. Sciences (ed. di Amsterdam), p.92. Carteggio Manfredi-Salvago, Arch. Dip. Astron. Bologna. Vedi anche nota 102.
  12. - Alla fine del manoscritto della Introductio in Ephemerides, conservato in Arch. Dip. Astron. Bologna, busta VI, si legge la seguente nota, assente nell'edizione a stampa: "Cominciai le effemeridi di dicembre 1712 in Bologna. Con molti interrompimenti si sono continuate ne' seguenti anni coll'aiuto delle mie due sorelle Maddalena e Teresa, e del Sig. Giuseppe Nadi, e qualche poco ancora del Sig. Cesare Parisij...La tavola delle longitudini e latitudini era stata calcolata da mia sorella Maddalena verso il 1702 o 1703". Per notizie sulle sorelle Manfredi vedi A.A.V.V.: 1988, Alma Mater Studiorum. La presenza femminile dal XVIII al XX secolo, Cooperativa Libraria Universitaria Editrice (CLUEB), Bologna.
  13. - Vedi Arch. Dip. Astron. Bologna, busta XVI. Pare però che gli originali siano nella Biblioteca Estense, Manoscritti Campori 2428. Nella copia delle tavole conservate nella Biblioteca Estense si legge la seguente annotazione per mano di Manfredi "originali delle tavole Cassiniane mandatemi in più volte dal Signor Maraldi con saputa del Signor Cassini". Vedi anche E. Manfredi: 1715, Introductio in Ephemerides, Bologna, introduzione.
  14. - L.D.C.H. de Quincy: 1741, La vie de Mr. le Compte de Marsigli, Zurigo, p. 168.
  15. - G.D. Cassini: 1656, Controversia prima astronomica ad maximum heliometrum D. Petronii examini exposita in Specimen Observationum Bononiensium ..., Bononiae
  16. - Archimede, Arenario, Opera Omnia, Palermo nel 1685. p. 276
  17. - Vedi De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii: 1755, Tomo II, pars I, Bologna, p. 425; E. Manfredi: 1755, De Jovis et Martis Coniunctione heliocentrica, De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, Tomo II, pars III, Bologna, p. 39 e lettera in data 12 agosto 1727 in "minute di lettere del Manfredi", Arch. Dip. Astron. Bologna, busta XXXVI.
  18. - Vedi De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii: 1755, Tomo II, pars I, Bologna, p. 425 e E. Zanotti: 1755, De figura Telluris, Comm. Inst. Scient. Bonon. Tomo II, pars II, p. 210.