9 - Il XVI secolo e gli inizi del XVII.

Inoltrandoci nel nuovo secolo dobbiamo constatare come la fortuna dell'astrologia sia effettivamente venuta declinando in Italia e a Bologna (52). Difatti la lettura, che già dal 1419 si chiamava Astronomia, nel 1521 divenne festiva, perdendo gran parte della sua importanza. Nel 1563 iniziò, sotto la spinta di Carlo Borromeo (1538-1584), allora legato papale a Bologna, la riorganizzazione della vecchia e per molti versi decadente università, nel nuovo e splendido edificio dell'Archiginnasio, costruito in soli tre anni per degnamente ospitarla. La vecchia lettura domenicale di Astronomia fu soppressa nel 1571 alla morte del docente, Lattanzio Benacci (1499-1572), che per 34 anni aveva tenuto l'insegnamento, compilando anche annualmente i Pronostici. Già due anni prima era stata però istituita una nuova cattedra denominata Ad Mathematicam. Il programma di questo corso, almeno dal 1591, era organizzato in un ciclo triennale: il primo anno veniva letta la geometria di Euclide, il secondo anno la Theorica Planetarum e nel terzo anno l'Almagesto. Questo schema venne seguito, almeno ufficialmente, fino alla fine del Settecento. Naturalmente il programma realmente svolto dipese sempre moltissimo dalla personalità scientifica del docente e seguì il progresso dei tempi (53). Nel 1576 la nuova lettura fu affidata al ben noto astronomo e geografo perugino Egnazio Danti, al secolo Carlo Pellegrino Danti (1536-1586). Si può dire che con lui la geografia astronomica sia entrata stabilmente negli interessi degli astronomi bolognesi, facendo rivivere una tradizione che risaliva al secolo precedente, quando nel 1476 l'allora lettore di Astronomia, Girolamo Manfredi (?-1493), aveva curato, assieme a Cola Martino e a Pietrobono Avogario, l'edizione bolognese della Cosmografia di Tolomeo (54), nella quale, per la prima volta, la mappa dell'orbe terrestre era stata ridisegnata in base alle prescrizioni ed alle conoscenze del grande astronomo alessandrino. Prima di essere chiamato a Bologna, Egnazio Danti era stato cosmografo di Cosimo dei Medici, lasciando molte tracce di sé a Firenze, tra le quali la meridiana nella chiesa di Santa Maria Novella. Si trattava di uno strumento astronomico essenzialmente nuovo, atto ad assicurare precisioni non raggiungibili con i grandi gnomoni usati nell'antichità per lo stesso scopo. L'estremità dell'ombra portata sul terreno da uno gnomone - per quanto grande esso possa essere e anticamente venivano utilizzati addirittura degli obelischi - è infatti definita molto peggio del centro della macchia di luce prodotta sul pavimento di una grande chiesa dai raggi di Sole ammessi nella sua penombra da un foro di limitate dimensioni. Tra le prime imprese di Egnazio Danti a Bologna fu la realizzazione nella chiesa di San Petronio di una seconda linea meridiana (per la quale il 20 dicembre 1576 ricevette un compenso di lire 60) - oggi completamente perduta - con la quale verificò l'epoca dell'equinozio di primavera, dato che fu tenuto in debito conto nello stabilire i canoni in base ai quali il 3 marzo del 1582 fu promulgata la riforma gregoriana del calendario (55). Alla Commissione insediata da papa Gregorio XIII per la preparazione del nuovo calendario e presieduta dal cardinale Guglielmo Sirleto Danti era stato chiamato insieme ad altri otto esperti: l'astronomo calabrese Antonio Lilio, fratello del medico , Luigi Lilio, che aveva avanzato la proposta di riforma il gesuita di Bamberg Cristoforo Clavio, lo spagnolo Pedro Chacon (Pietro Giacone), l'insegnante di Matematica all'Università di Padova, Giuseppe Moleti, il Patriarca dei Siri, Ignazio Nehemet, l'umanista veronese Giambattista Gabio e infine Vincenzo e Serafino Olivari, nelle vesti di consultori per le implicazioni liturgiche, religiose e giuridiche. Uniche tracce del lavoro di Egnazio Danti a Bologna rimangono una linea meridiana e i resti di un anemoscopio. La prima, costruita nel 1576 e da poco restaurata, si trova nella Sala dell'Inquisizione del convento di San Domenico e consiste in una semplice lista di ferro incassata nel pavimento, che prosegue anche sulla parete. Il secondo, per dirla con lo stesso artefice, è un "horologio per conoscere li venti che giornalmente spirano", realizzato nel chiostro grande dello stesso convento, secondo un modello che Danti aveva tratto dalla Torre dei venti di Atene e che poi aveva modificato, riportando su un piano verticale le indicazioni date dalla banderuola del vento che ruota, secondo la consuetudine, su di un piano orizzontale. Sulla parete del chiostro sono a mala pena riconoscibili le linee principali del quadro dei venti, essendo stato demolito alla fine del Seicento tutto il rimanente, compresa la torretta alta più di sei metri che sosteneva la banderuola (56). Egnazio Danti è anche l'autore della grande rappresentazione cartografica murale dell'Italia che si ammira nella attuale loggia dei Musei Vaticani. Tra i suoi successori anche Magini fu ben noto cartografo, lasciando, in effetti, un grande atlante d'Italia in 61 tavole che fu poi stampato dal figlio (57). A questo interesse per la geografia è strettamente legata la lunghissima serie di effemeridi che iniziano con quelle per gli anni 1554-69, calcolate dall'allora lettore di Astronomia, Nicolò Simi (1530-1564) (58), cui fecero seguito quelle di Magini per gli anni 1581-1620 (59) e, più tardi, le Ephemerides Bononienses Motuum Coelestium iniziate da Eustachio Manfredi e pubblicate ininterrottamente dal 1715 al 1844. L'opera di Copernico fu certamente conosciuta a fondo da Magini, il lettore cui abbiamo già fatto riferimento e che tenne cattedra a Bologna dal 1589 al 1617. Alla cattedra lasciata libera da Danti, che era stato nominato vescovo ad Alatri, aveva concorso, tra gli altri, anche il ventitreenne Galileo (1564-1642). Il Senato bolognese, tuttavia, gli aveva preferito il più anziano ed affermato Giovanni Antonio Magini di Padova ( 1555-1617 ), il quale, pur non essendo copernicano, era in corrispondenza con Tycho Brahe (1546-1601), Keplero (1571-1630) e lo stesso Galileo. Magini aveva basato sul lavoro di Copernico le sue effemeridi e fu probabilmente uno dei primi studiosi ad apprezzare i lavori di Keplero, l'astronomo che è giusto considerare come il vero continuatore dell'opera di Copernico. Fu infatti proprio un discepolo di Magini, Giovanni Antonio Roffeni, allora rettore dell'Università, che, quando questi morì, chiese a Keplero di trasferirsi a Bologna sulla cattedra che si era resa vacante (60). La stima tra Magini e Keplero doveva d'altronde essere stata reciproca, dato che nel 1610 Keplero aveva richiesto a Magini di raggiungerlo a Praga, per dividere con lui il peso della compilazione di nuove effemeridi (61).


 
  1. - L'ultima ristampa italiana del trattato di Alcabizio è quella di Venezia del 1525, l'ultima edizione dei trattati astrologici di Tolomeo con il commento di Alì ibn Ridwân è quella di Venezia del 1519.
  2. - G. Vernazza: 1961, La crisi barocca nei programmi didattici dello Studio bolognese, in Studi e Memorie per la Storia dell'Università di Bologna, Nuova Serie, II, p. 95.
  3. - L. Sighinolfi: 1908, I mappamondi di Taddeo Crivelli e la stampa bolognese della cosmografia di Tolomeo, La Bibliografia, X, p. 241.
  4. - E. Danti: 1577, Usus et tractatio gnomonis magni, Bononiae. Vedi anche: L. Ximenes: 1757, Del vecchio e del nuovo gnomone fiorentino, Firenze, p. 112.
  5. - G. Zucchini: 1936, Gli avanzi di un anemoscopio di Ignazio Danti, Coelum, VI, p. 105.
  6. - F. Magini: 1620, Italia, Bologna.
  7. - N. Simi: 1544, Ephemerides ad annos XV incipientes ab anno Christi MDLIIII usq; ad annum MDLXVIIII, Venetiis.
  8. - G. A. Magini: 1582, Ephemerides coelestium motum ... ad annos XL, Venetiis.
  9. - Kepleri epistolae, 1 martii 1616: 1718, Lipsia.
  10. - A. Favaro: 1886, Carteggio inedito di Ticone Brahe, Giovanni Keplero ed altri con Giovanni Antonio Magini, Zanichelli, Bologna, p.337.
    Presso il National Museum of Science and Technology di Stoccolma si trova un quadrante in ottone, da 38,3 cm di raggio, costruito a Bologna nel 1595 da Arnoldum Scherpenselensem, per Io. Antonius Maginus in Bon. Gymnasio Mathematicarum Professor.