A parte la scuola di legge, sappiamo che anche l'insegnamento della medicina cominciò assai presto a Bologna. Già nel tardo XII secolo troviamo a Bologna un medico, Giovanni di Bertinoro, cui viene attribuito il titolo di Magister (11). La scuola medica doveva d'altronde essere già fiorente all'inizio del XIII secolo, come è testimoniato dalla bolla di Onorio III che proibisce ai chierici tale genere di studi (12). Nei primi tempi e probabilmente per la maggior parte del XIII secolo, questa scuola, forse nella tradizione della famosa scuola di Salerno, fu caratterizzata da un approccio fortemente empirico ai problemi della salute e della cura delle malattie e non risentì apprezzabilmente degli influssi dell'astrologia. L'astrologia araba, d'altra parte, cominciò a diffondersi in Europa verso la fine del X secolo, evento che viene solitamente connesso alla leggenda di Gerberto di Aurillac (c.950-1003). Secondo questa leggenda - nata tra i secoli XI e XII - egli sarebbe riuscito a divenire papa con la sua arte di negromante, avendogli i demoni insegnato l'uso dell'astrolabio.
Gli elementi della leggenda hanno un riscontro in fatti realmente accaduti. Nel 984, in effetti, Gerberto, erudito grandissimo e, all'epoca, abate del monastero di San Colombano a Bobbio, richiese dalla Spagna la traduzione di un trattato di astrologia arabo e più tardi scrisse egli stesso un trattato sull'astrolabio. Forse è giusto, inoltre, ricordare che nell'aprile del 998, un anno prima di divenire papa con il nome di Silvestro II, Gerberto era arrivato dalla Francia in Italia per insediarsi come arcivescovo a Ravenna. Parrebbe tuttavia che l'influenza del sapere arabo sui dotti italiani sia stata pressoché nulla fino all'inizio del XIII secolo. L'introduzione dell'astrologia araba in Italia viene associata al nome di Michele Scoto (1175-1232) e a quello dell'imperatore Federico II, del quale egli era l'astrologo ufficiale. Per quanto in particolare riguarda Bologna, la connessione è diretta. Nel 1227 l'imperatore mandò in dono dei libri di argomento "filosofico" ai "maestri ed agli scolari" dello Studio di Bologna (13). La lettera di accompagnamento, scritta dal "gran segretario" Pier delle Vigne, specifica che il dono includeva "varie compilazioni da Aristotele e da altri filosofi riguardanti la filosofia e la matematica".
La lettera di Pier delle Vigne, nel prescrivere l'uso di quei trattati, ci dà anche un quadro assai suggestivo di quella che era la vita universitaria dei tempi e ci testimonia il modo nel quale l'imperatore si poneva nei riguardi dello Studio. Essa recita:
"Vos igitur viri, qui de cisternis veteribus aquas novas prudenter educitis, qui fluentia melliflua sitientibus labiis propinatis, libros ipsos, tamquam exennium amici Cesaris, gratenter accipite et ipsos antiquis philosophorum operibus, qui vocis vestre ministeriis reviviscunt, quorumque nutritis famam, dum dogmata sternitis sapienter, ut expedit, aggregantes eos in auditorio vestro, in quo gratia virtutum fructificat, erroris rubigo consumitur et latentis scripture veritas aperitur, cum mittentis favore commoniti, tum clari transmissi operis meritis persuasi, ad communem utilitatem studentium et evidentis fame nostre preconium publicetis" (14).Purtroppo non possediamo la lista delle opere che furono spedite a Bologna e non sappiamo se queste includevano i trattati astronomici ed astrologici che Michele Scoto aveva scritto, su richiesta dell'imperatore, per gli "scolares novitij" (15). Sappiamo però che gli ordini ed i suggerimenti dell'imperatore generalmente non restavano senza effetto. Verso il 1220 egli prescrisse che un triennio di "logica" dovesse precedere gli studi di medicina e troviamo che, prima di prendere gli ordini nel 1230, il Magister Moneta da Cremona (XII sec.- c.1260) leggeva Aristotele agli studenti "artisti", cioè medici, di Bologna (16). Possiamo quindi ritenere che già agli inizi del Duecento la facoltà delle arti fosse organicamente ben impiantata.