L'astronomia a Bologna dall'XI secolo agli inizi del XVIII

1 - La scuola di arti liberali.

Nell'alto Medioevo, fino all'undicesimo secolo, Bologna fu un centro abitato abbastanza modesto rispetto alle contemporanee città di Pavia, centro amministrativo longobardo dell'Italia del nord, e Ravenna, testa di ponte dell'impero bizantino in Italia, e persino rispetto a Cremona, Mantova e Verona (1).

L'antica città romana era stata distrutta nel 728 dal re longobardo Liutprando (?-744) ed una parte considerevole della vecchia area abitata, il cui reticolo stradale ad angoli retti è ancora riconoscibile nella parte centrale della città odierna, restò per secoli "rovinata e disabitata". Tuttavia, anche per i Longobardi Bologna dovette rivestire particolare rilevanza per la sua posizione, ubicata come è all'incrocio di tanti importanti itinerari e per di più al confine, verso l'Esarcato, dei loro domini. Accadde così che, mentre parte dell'antica città restava disabitata, ad oriente di essa, nella zona suburbana attorno alla basilica di Santo Stefano, sorse un importante borgo longobardo.

Le due città, la latina e la longobarda, convissero fianco a fianco; né la prima perse mai del tutto la sua identità, dato che per un certo periodo Bologna ebbe due vescovi, uno latino e l'altro longobardo. Il dominio longobardo durò circa cinquanta anni, fino al 774, anno della sconfitta dei Longobardi da parte dei Franchi. Bologna tornò così a dipendere dalla sede romana e, a quanto pare, vi furono restaurati gli antichi costumi della città latina. Quando nell'825 Lotario I (795-855), ad imitazione di quanto aveva fatto Carlo Magno (742-814), ristabilì in Italia quello che per i tempi si poteva chiamare un insegnamento superiore, scelse Pavia, Ivrea, Torino, Cremona, Verona, Cividale, Firenze e Fermo quali centri nei quali attivare tali scuole. Nell'editto Bologna non viene nominata, il che non sorprende, dato che si trattava di un dominio pontificio, dominio che doveva perdurare fino all'898 circa, quando la città passò a Berengario re d'Italia (?-924).

Il nono secolo riveste per noi una particolare importanza, in quanto è di quei tempi un documento che attesta lo stato delle conoscenze astronomiche superstiti in Italia e, forse, direttamente a Bologna. A questo secolo risale infatti il codice manoscritto I.27 della Biblioteca Antoniana di Padova. Il codice contiene, a lato del calendario dei riposi festivi presumibilmente osservati a Bologna nel IX secolo, un calendario dall'anno 802 al 1063 ed un insieme assai esteso trattati scientifici, in particolare astronomici, matematici e di computo, per i quali è stata rilevata la specifica concordanza di contenuto con la parte di computo del codice Angelica 123. Quest'ultimo codice, appartenente al fondo primitivo della Biblioteca Angelica di Roma e del quale diremo, conserva diretta memoria dell'insegnamento dell'astronomia quale esso veniva svolto nella scuola capitolare bolognese due secoli più tardi (2). Una prima cosa che il codice manoscritto I.27 permette di constatare è, pur nella loro essenzialità, la vastità delle conoscenze che, in un secolo considerato così oscuro, venivano ritenute di interesse. Non si tratta solo del computo, attestato dal trattato di Rabano Mauro (c.784-856) e da estratti da Beda il Venerabile (672-735), ma di nozioni pratiche sui pesi e le misure, su un orologio solare portatile, sui pianeti e le costellazioni, sulla meteorologia, sul calcolo e sull'anatomia umana, oltre a varie citazioni da Isidoro di Siviglia (570?-636). Da ciò che si sa sull'importanza della cattedra vescovile di Bologna agli inizi del IX secolo, sull'esistenza, accanto al vescovo, di un corpo di canonici, sulla varietà di funzioni che essi dovettero assolvere, sulla relativa prosperità della città in quel secolo, non pare irragionevole supporre che tale codice possa veramente considerarsi un documento bolognese. Se veramente in tali anni - anzi, se vogliamo prestare fede alla data iniziale del calendario, proprio nell'anno 802 - il livello culturale della curia bolognese era tale quale risulta da questo codice, allora non stupirebbe che già a quei tempi una scuola capitolare fosse attiva, e si insegnassero in Bologna le arti liberali del trivium e del quadrivium.

Certo la fine del IX secolo e la prima metà del seguente segnano per Bologna, la sua curia ed i territori ad essa vicini, il momento della massima decadenza. Già nell'anno 884 la sua chiesa maggiore, Santo Stefano, era passata con i suoi beni sotto il controllo della diocesi di Parma. Agli inizi del secolo seguente ripetute scorrerie di Ungari avevano poi seminato la morte e portato carestia in tutta la regione, anche se il racconto dell'incendio della basilica di Santo Stefano è forse frutto di fantasia (3). Tuttavia, già verso la metà del X secolo la vita cittadina mostrò segni di ripresa. Nel 993 la sovranità su Santo Stefano fu resa al vescovo bolognese ed all'incirca in quell'epoca fu iniziata la costruzione di una nuova chiesa cattedrale. Verosimilmente una scuola ad essa annessa dovette presto cominciare ad operare, sebbene non si abbia alcuna testimonianza documentale del suo inizio. Ciò che sappiamo è che, verso la metà del secolo XI, questa scuola era fiorente, dato che importanti personaggi vennero qui a studiare (4). Tra questi vi fu Brunone(1044 o 1048-1123), abate di Montecassino e vescovo di Segni, poi santificato, il quale, ancora adolescente, fu inviato nel 1070 da Asti a Bologna dove seguì non solo il Trivio - scilicet grammatica, rhetorica et dialectica, le artes sermocinales - ma anche il Quadrivio - scilicet arithmetica, geometria, musica et astronomia, le artes reales.


 
  1. - A. Sorbelli: 1938, Storia di Bologna, Dalle origini del cristianesimo agli albori del comune, II, Bologna.
  2. - L. Gherardi: 1959, Il codice Angelica 123 monumento della chiesa bolognese, Quadrivium, III, p. 22.
  3. - A. Sorbelli: op. cit., p 278.
  4. - A. Gaudenzi: Lo studio di Bologna nei primi due secoli della sua esistenza, Annali della Regia Università degli Studi di Bologna, A.A. 1900/1901, p. 31.