OROLOGI A PENDOLO

Rispetto agli antichi modi di misurare il tempo - gnomoni, meridiane solari, armille, etc. - gli orologi meccanici, sviluppatisi principalmente tra il XVI e il XIX secolo, offrirono significativi vantaggi. Secondo Derek de Solla Price i primi orologi meccanici sarebbero comparsi in Italia e in Inghilterra nel XIII secolo, ad opera, rispettivamente, del padovano Giovanni de Dondi (1318-89) - che avrebbe costruito fra il 1348 e il 1364 il primo orologio astronomico - e dell'abate Richard of Wallingford (c. 1292-1336), con lo scopo precipuo di seguire i movimenti del Sole, della Luna e dei pianeti, con intenti di predizione e apprendimento. I più antichi orologi meccanici funzionavano per effetto della caduta di un peso attaccato ad una corda, che agiva in opposizione a un meccanismo frenante. L'applicazione del pendolo alla misurazione del tempo, che fu realizzata nella pratica da Christiaan Huygens (1629-95) e venne da lui descritta nell'opera Horologium Oscillatorium del 1673, portò ad una maggiore precisione nella misura del tempo di uno o due ordini di grandezza. Da una variazione di parecchi minuti al giorno, si passò a qualche secondo. Lo studio dettagliato dell'isocronismo del pendolo prodotto da una traiettoria cicloidale portò Huygens e gli artigiani successivi a realizzare un pendolo che batteva i secondi, lungo e più lento (quindi con meno perturbazioni), guadagnando ulteriormente in precisione. Erano così nati gli orologi a torre (o a cassalunga), per circa due secoli strumenti insostibuibili nelle osservazioni astronomiche. L'invenzione, sempre ad opera di Christiaan Huygens e di Robert Hooke, del bilanciere a molla - una sottilissima molla avvolta a spirale e attaccata al bilanciere che forniva potenza al meccanismo, al posto del peso pendulo - favorì poi la realizzazione di orologi portatili. Di tutti gli strumenti che sono stati in uso nella specola di Bologna, gli orologi sono quelli dei quali resta il numero più ridotto di esemplari. Nel lavoro di E. Baiada e A. Braccesi del 1983 (op. cit.) sono riportati quegli orologi - ora scomparsi - di cui era rimasta traccia solo negli inventari o nei registri di osservazione.