8. Orologio a pendolo di D. Quare
Londra, 1701
Daniel Quare (1649 - 1724)
quadrante in argento e ottone intarsiato, cassa lignea intarsiata
carica 30 giorni
204 cm, 47 cm, 24 cm
[Inv. MdS-113]

Tra i più antichi orologi in uso nella Specola, questo di Daniel Quare ed un suo gemello - attualmente ospitato nella Biblioteca Universitaria - sono gli unici sopravvissuti.
Per salvaguardare la cassa, sovente realizzata con legni pregiati, veniva spesso costruita una seconda custodia più rozza dove alloggiare il meccanismo, onde evitarne la progressiva usura. Infatti, riferendosi ad un orologio francese di Isaac Thuret, acquistato presso Cassini, Manfredi informa Marsili di averlo posto, subito dopo il suo arrivo, in una torretta di legno ordinario (vedi Parte I, par. 12, nota 100). E' così che gli orologi che furono più in pregio agli astronomi non hanno lasciato traccia di sè, mentre questi due, che furono subito giudicati insoddisfacenti, sono sopravvissuti.
Il quacchero Daniel Quare era stato orologiaio di Guglielmo II e si era specializzato nella fabbricazione di termometri e barometri trasportabili. Per la realizzazione di questi ultimi aveva ottenuto nel 1695 un brevetto, per il cui sfruttamento si era associato con l'allora celebre orologiaio Thomas Tompion.
Nella nota, di mano di Manfredi, sugli Instrumenta quibus observationes peraguntur in hoc observatorio (scilicet Osservatorio Marsiliano) viene ricordato un "Horologium Londiniense Quarei dictum A" e un "Horologium Londiniense aliud Quarei dictum B."
Una lettera di Manfredi a Marsili, in data 10 gennaio 1702 (Bibl. Un. Bo. Mss. Marsiliani 80A), aveva infatti segnalato l'arrivo dei due orologi inglesi ed informato che essi erano stati affidati a "Santino orologiaio" (probabilmente Sante Menini [scheda 13]) perché li ripulisse.
Da una lettera di poco successiva, in data 7 febbraio 1702 (Bibl. Un. Bo. Mss. Marsiliani 80A), risulta, tuttavia, che essi, per quanto accurati, furono giudicati inadatti alle osservazioni astronomiche, non marciando con la regolarità richiesta. Un riscontro nei Registri dell'Osservatorio Marsiliano conferma il fatto che non furono mai impiegati per le osservazioni. Infatti, già nell'Instrumentum Donationis del 1712, gli orologi in questione non sono più nominati tra gli strumenti della Specola. Uno è stato rintracciato all'Istituto di Fisica dell'Università e, restaurato nel 1979 da G. Morigi (Bologna), si trova ora nella Sala meridiana della Specola. L'altro è in Biblioteca Universitaria.
Il quadrante riporta le ore in numeri romani e i minuti in numeri arabi; internamente al quadrante delle ore un piccolo quadrante riporta i secondi e una finestrella quadrata permette di leggere i giorni del mese.

E. Baiada, A. Braccesi (1983) pp. 82-83 e 92, fig. 2.
M. Daumas (1953) p. 96.
Gli orologi antichi (1988) pp. 68-69.