17. Quadrante murale di J. Sisson
Londra, 1739
Jonathan Sisson (1690?-1747)
ottone
raggio 172 cm
[Inv. MdS-121]

Jonathan Sisson fu il miglior allievo di Graham, il costruttore degli strumenti ordinati da Halley per l'osservatorio di Greenwich. I suoi strumenti si segnalano per la perfezione dell'esecuzione, esecuzione che ha dell'incredibile se si pensa che non esistevano ai tempi macchine utensili e la lavorazione era completamente manuale. Questo quadrante risulta il più antico interamente eseguito in un unico metallo, posto quindi al riparo dalle distorsioni che le variazioni di temperatura inducevano negli strumenti che, a lato dell'ottone, avevano parti strutturali in ferro.
Una accurata descrizione dello strumento e dei suoi accessori si trova nell'Inventario del 1843 di Gaetano Ceschi:

"Quadrante murale di Gionata Sisson Inglese di piedi 3 1/2 di raggio, tutto in ottone, fornito di cannocchiale con obiettivo del Bruni di 1 e 1/2 pollici di apertura, ed oculare con castello portante un micrometro filare. Al Cannocchiale è unito un Nonio, che scorre con esso sul lembo graduato del quadrante, e che serve a dare la quarta parte di un minuto primo, ossia 15 secondi.
Due sostegni di metallo fidati al muro mediante viti servono a portare tutto l'apparecchio di tale macchina.
(non ritrovati)
Quattro torchietti di metallo che si affidano ai suoi supporti murati servono a tenere diretta la macchina nel senso del meridiano. (non ritrovati)
Scatola di banda di ottone, che si pone sopra l'oculare, e che serve a portare un vetro colorato con incassatura in metallo. (non ritrovata)
Un piccolo riflettente con gambo di ottone, che si adatta dalla parte dell'obiettivo. (non ritrovato)
Una palla di ottone con uncinello, che si unisce all'estremità di un filo metallico, e che serve di perpendicolo di rettificazione. (non ritrovata)
Una piccola mensola di legno noce sospesa al muro, che serve a portare un bicchiere con acqua, in cui si immerga la palla del perpendicolo. (non ritrovata)
N. 3 Manizze di ottone che servono a smuovere le viti dei sostegni di questa macchina. (non ritrovate)
Il Cannocchiale è controbilanciato da un contrappeso di macigno posto all'estremità di un braccio di leva, che mediante un asse di ferro rimane unito all'intelaiatura di mogano, che si lega al cannocchiale. (non ritrovato)
Due supporti di metallo raccomandati con viti alle sommità del muro, entro i quali gira l'asse del braccio di leva che sostiene il contrappeso. (non ritrovati)
Nella parete opposta di questo muro sono raccomandati con viti altri 2 sostegni di metallo, e li 4 supporti dei torchietti per trasportarvi il quadrante, quando voglia usarsi verso il Settentrione. (non ritrovati)"
Rimesso in stazione nel 1979 sul lato est del ricostruito muro meridiano, lo strumento reca sul lembo la scritta Jonathan Sisson London. Risulta dall'inventario del 1746 che il contrappeso era di piombo e non di "macigno". La lunga squadra di legno parallela al cannocchiale è originale, l'attacco al cannocchiale, il contrappeso di piombo ed il suo montaggio sono di restauro (G. Morigi, Bologna, 1979), così come gli altri organi fissati al muro. E' di restauro (1979) anche la vite micrometrica ed il torchietto di attacco al lembo del quadrante.
Non è nota la data in cui l'obiettivo originale fu sostituito con quello di Bruni. Sull'obiettivo dello strumento dei passaggi dello stesso artigiano londinese, ordinato contemporaneamente, si legge la data del 1739.
Da una nota di mano di Eustachio Zanotti sul Reg. Sp. Ist. Scienze, vol. VII, alla data 16 agosto 1742 (Arch. Dip. Astron. Bo.) si sa che lo strumento entrò in quella data a far parte della strumentazione della Specola.
Nel 1873 venne infine dichiarato del tutto fuori uso.

L'accuratezza di realizzazione - sia tecnica che artistica - di questo strumento e degli altri fabbricati da Sisson, lo strumento dei passaggi e il quadrante mobile [schede 14 e 19], fecero sì che venissero riportati, a modello di strumentazione astronomica, nelle tavole dell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert.

E. Baiada, A. Braccesi (1983) pp. 117-118, figg. 16.
D. Diderot, J-B. le Rond d'Alembert (1750).
D. Howse (1993), p.608.