Si tratta di un quadrante mobile di due piedi bolognesi e mezzo (c. 100 cm)
di raggio, con piede ed armatura in ferro e lembo in ottone, munito di due
cannocchiali, uno fisso e l'altro mobile. Sappiamo, dall'inventario del 1727
e dalla revisione del 1780 alla guida all'Istituto delle Scienze di Bologna,
che nel 1725 era stato donato all'Accademia delle Scienze dal cardinale
Antonio Davia, il quale per alcuni anni ebbe una piccola specola nel suo
palazzo: "Ex munere Emi. Card. De Via/ Quadrans Astronomicus semid. 2 1/2,
compagine ferrea, centro ac limbo auricalceo, telescopiis duobus, suppedaneo,
et axibus tribus ferreis.".
Era stato costruito nel 1710 dall'orologiaio bolognese Sante Menini, come si
legge nello scudo centrale in ottone - Sante Menini orologiere/ in Bologna
1710 - sotto al motto Suum volvens/ audax industria/ mundum.
Sappiamo dalla corrispondenza del marchese genovese Paride Maria Salvago a
Manfredi, in data 19 marzo, 6 aprile e 14 marzo 1712 (Arch. Dip. Astron. Bo.
busta XXXVII), che lo strumento ebbe grande successo e che altri quadranti
furono ordinati a Menini. A un certo punto, tuttavia, egli rifiutò di
soddisfare le molte richieste per la nocività dell'incisione di scale di
queste dimensioni, che avveniva all'acquaforte. Decisione forse tardiva,
perché l'artigiano di lì a poco doveva morire.
Manca di uno dei cannocchiali e delle lenti del secondo che è parso essere quello mobile. L'attacco al lembo è di restauro (G. Morigi, Bologna 1979). Di tutti i quadranti della Specola è l'unico che conserva lo snodo che ne permetteva l'utilizzo come sestante astronomico.
E. Baiada, A. Braccesi (1983) pp. 89 e 100-101, fig. 12a-12b
Notizie dell'Origine e Progressi dell'Istituto delle Scienze di
Bologna (1780) p. 185.