Nonostante l'insuccesso del primo strumento [scheda 11], la fiducia di
Manfredi in Domenico Lusverg non venne meno e gli fu commissionato questo
secondo strumento. L'artefice, lasciato questa volta libero di procedere
secondo il suo intuito, realizzò un vero capolavoro, che per precisione e
nitidezza dell'incisione della scala non lasciava niente a desiderare ed in
pratica sostituì il primo quadrante. Secondo la richiesta di Manfredi il
lembo è leggermente più lungo di 90o, per poter impiegare il metodo di
verifica dello strumento, consistente nel "rovesciarlo", utilizzato dagli
astronomi francesi.
I tratti incisi sul lembo non avevano errori maggiori di un centesimo di
millimetro e con questo strumento Manfredi cominciò ad usare il metodo delle
altezze corrispondenti per ottenere il tempo di passaggio degli astri in
meridiano, raggiungendo una precisione tale per cui scarti superiori ai due
secondi d'arco sono rari; il quadrante poteva quindi servire di confronto sia
per la regolarità di marcia degli orologi, sia per il controllo della
precisione del semicircolo murale (vedi Parte I, par. 11).
Viene descritto nell'Instrumentum donationis del 1712 con le seguenti parole:
"Quadrans alter eadem forma, atque opificio eodem, à Lusvergo etiam fabrefactus, omnia priori similis, eodemque instructo, sed ferrea eius contignatio perpendiculariter quadrantis plano insistit. Limbus etiam est illi paulo latior, & exquisitiori divisione incisus."Fu modificato da Manfredi nel 1728 (Reg. Specola Ist. Scienze, Vol. II, alla data 23 marzo 1728, Arch. Dip. Astron. Bo.) con l'aggiunta di un secondo cannocchiale fisso perpendicolare a quello originario e nella struttura del piede, portato da 4 a 3 appoggi, per diminuirne l'ingombro e permettere di effettuare osservazioni mediante la fessura che attraversava il tetto della Stanza Meridiana.
Il restauro è stato eseguito da Giovanni Morigi (Bologna) nel 1979.
E. Baiada, A. Braccesi (1983) p. 86.
M. Daumas (1953) p.91.
E. Miotto, G. Tagliaferri, P. Tucci (1990) pag. 95 e seg.
G. Tabarroni (1954) p.43.
P. Todesco (1995).