87. Bussola con sospensione cardanica e quadrante di Scalvino
Milano, 1805
Scalvino (a.1805)
ottone, custodia in legno
diametro 13 cm
[Inv. MdS-16]

Verso la fine del XII secolo, sulle navi amalfitane, si iniziò ad usare - quando il cielo era nuvoloso e quindi impossibile determinare la rotta mediante la posizione del Sole o delle stelle - uno strumento costituito da un ago di ferro, galleggiante in un contenitore con acqua. L'ago, che doveva essere magnetizzato a intervalli regolari con una pietra magnetica (magnetite), permetteva così di verificare la direzione nord. Nel secolo successivo questo rudimentale strumento era divenuto la bussola, come noi oggi la conosciamo, cioè un ago oscillante sospeso su di un perno, nel mezzo di una carta graduata circolare e racchiuso in una scatola con il coperchio di vetro.
Erroneamente attribuita al personaggio immaginario Flavio Gioia di Amalfi, a causa di una scorretta interpretazione di un brano dell'Italia Illustrata di Flavio Biondo (1388-1463), in realtà la bussola sarebbe stata inventata, già nel IV secolo d.C., dai Cinesi, a cui le proprietà direzionali della magnetite sembra fossero note fin dal I secolo a.C..
In questo esemplare, firmato Scalvino in Milano 1805, l'ago, sovrastato da una pietra dura (una corniola), è solidale a un cerchio graduato - la rosa di lettura dei venti - che dà la posizione dei punti cardinali rispetto all'asse longitudinale della nave e, quindi, l'indicazione della sua rotta. Il nord è indicato con un giglio della casa d'Angiò, secondo la consuetudine introdotta dagli Amalfitani.
All'interno della custodia è alloggiato un piccolo quadrante, con il lembo suddiviso in gradi, da inserire nell'anello esterno della bussola, e tre sostegni per poter utilizzare la bussola stessa, con il quadrante montato, fuori dalla scatola. Un fermo sottostante il perno di sospensione dell'ago della bussola permette di bloccare l'ago. La mancanza di mire sul quadrante e sulla bussola rende improbabile l'utilizzo dello strumento come bussola azimutale e le ridotte dimensioni del quadrante lo rendono molto poco accurato, suggerendone quindi un probabile uso di tipo didattico o dimostrativo.

J.A. Bennett (1987)
F. Farinelli (1979), p. 190.
G. L'E. Turner (1991), p. 232.