CRONOMETRI DA MARINA
Il cronometro da marina nacque nel Settecento per la necessità di stabilire
la longitudine in mare.
Mentre le misure di latitudine, infatti, non hanno mai presentato eccessivi
problemi per i naviganti, le misure di longitudine erano più difficili da
effettuarsi con la stessa precisione. Nel primo caso si tratta di determinare
con buona precisione l'altezza sull'orizzonte del Sole a mezzodì, quando
raggiunge la massima altezza sul meridiano, oppure di una stella nota
(usualmente la Stella Polare) durante le ore notturne, il che poteva essere
effettuato con l'utilizzo di astrolabi o quadranti. Nel secondo caso, invece,
si tratta di determinare l'istante in cui un oggetto celeste passa sul
meridiano del luogo e, mediante l'utilizzo di effemeridi nautiche, di
calcolare la differenza rispetto al tempo di transito dello stesso oggetto su
di un meridiano noto (ad esempio, quello del porto di partenza). Emerge,
quindi, l'importanza di conoscere l'ora con una elevata precisione, il che è
stato praticamente impossibile per secoli, con gli strumenti usuali per
misurare il tempo, quali le clessidre: un errore di solo due minuti poteva
mettere la nave fuori rotta di 30 miglia.
Questo problema emerse con enorme importanza nel corso delle grandi
traversate oceaniche del XVI e XVII secolo.
Fra i primi ad affrontarlo fu nel 1656 Huygens, il quale tentò di usare il
meccanismo del pendolo. Sebbene tale sistema fornisse ottimi risultati a
terra, non si rivelò valido per la navigazione, a causa dell'instabilità
delle navi, che alterava, ovviamente, il movimento del pendolo.
Nel 1675 fu costituito a Greenwich il Royal Observatory "per rilevare la
tanto desiderata longitudine dei luoghi". Quando, nel 1714, la nave
ammiraglia di sir Cloudesley Shovell naufragò sulle isole Scilly - mentre
egli pensava di veleggiare nella Manica, a oltre cento miglia di distanza -
l'ammiragliato inglese fu costretto ad organizzare un "Consiglio per la
longitudine". Questi emise il celebre Longitude Act, con il quale offriva un
premio di ventimila sterline (circa dieci miliardi di lire attuali) a chi
avesse inventato un orologio in grado di avere un margine di errore di meno
di due minuti in un viaggio di andata e ritorno dalle Indie Orientali.
I principali sforzi furono rivolti a isolare il bilanciere dai difetti
meccanici dei ruotismi. Si inventarono, così, lo scappamento a verga (John
Harrison) e quello a scatto (Pierre Le Roy). La sospensione a cardano veniva,
infine, a conferire stabilità e planarità al tutto.
John Harrison (1693-1776), un carpentiere autodidatta dello Yorkshire,
presentò al concorso, nel 1735, il primo modello di un orologio (pesante
oltre trenta chili), che continuerà a migliorare per oltre 30 anni. Nel 1761
il figlio di Harrison intraprese un viaggio di prova fino a Giamaica, avendo
con sè il cosiddetto "Harrison N.4", il quarto prototipo sviluppato
dall'originale. Dopo 81 giorni di navigazione il cronometro aveva solo cinque
secondi di ritardo! Un duplicato di questo modello, costruito da Larcum
Kendall, fu poi utilizzato da James Cook nel suo secondo viaggio, che durò
dal 1772 al 1775: dopo tre anni di navigazione il ritardo segnato era di soli
sette minuti e quarantacinque secondi.
Nel cronometro di Harrison il movimento era controllato da due bilancieri,
collegati da una molla, che si adattavano ai cambiamenti di temperatura per
mezzo di un "bordo di compensazione" di ottone e barrette di acciaio. La
molla principale veniva parzialmente ricaricata ogni sette secondi, con un
sistema di "mantenimento di potenza", per evitare che l'orologio rallentasse
durante questo processo. Rappresentava, così, per questo sistema di
compensazione della temperatura e per i suoi cuscinetti autolubrificanti, un
brillante esempio di fisica applicata.
Nonostante Harrison fosse, quindi, riuscito a risolvere il "secolare"
problema della determinazione della longitudine in mare, l'Ammiragliato si
rifiutò di pagare l'intera somma del premio e fu necessario l'intervento di
Giorgio III per liquidare parte del premio all'ormai ottantenne inventore del
cronometro da marina.
Circa nello stesso periodo, infatti, il tedesco Johann Tobias Mayer
(1723-1762), sovrintendente dell'Osservatorio di Gottingen, aveva realizzato
la prima serie di tavole lunari sufficientemente precise per poter fungere da
base del "metodo delle distanze lunari" atto a stabilire la longitudine in
mare. Il metodo consisteva nel misurare la distanza dalla Luna di prefissate
stelle o pianeti; tale distanza misurata all'ora locale, opportunamente
confrontata con quella riportata sulle tavole, permetteva di ottenere l'ora
del meridiano fondamentale cui corrispondeva la medesima distanza lunare. La
differenza delle due ore forniva la longitudine cercata.
L'Ammiragliato britannico concesse, nel 1765, alla vedova di Mayer parte del
premio - tremila sterline - riconoscendo così anche all'astronomo tedesco,
oltre che a Harrison, una primogenitura nella realizzazione di un metodo
pratico e affidabile per la determinazione della longitudine in mare.