ASTROLABI

La più antica descrizione della costruzione e uso di un astrolabio che ci sia pervenuta fu scritta nel VI secolo da Giovanni Filopono di Alessandria (490-566). Da allora questo strumento fu sempre più perfezionato e ampiamente diffuso, prima nel mondo arabo, poi in quello cristiano, venendo largamente usato in astronomia e soprattutto in navigazione, fino al XVIII secolo, quando fu sostituito dal teodolite e dal sestante.

Si tratta di uno strumento portatile, di rame o di ottone, usato per determinare l'altezza del Sole o di un astro sull'orizzonte e per risolvere speditamente problemi di astronomia sferica. Poteva essere usato anche per determinare l'altezza di montagne e di torri e per misure topografiche in generale. Si trattava, quindi, di uno strumento estremamente utile per naviganti e astrologi, più che per gli astronomi, per i quali la sua insufficiente precisione non era di grande aiuto per le osservazioni.

La sua origine sembra derivare dalla sfera armillare descritta da Tolomeo nel II secolo d.C., ma furono gli Arabi che lo perfezionarono, contribuendo alla sua diffusione. Quando, verso la fine del X secolo, l'astrologia araba cominciò ad espandersi in Europa, con essa si conobbero anche gli strumenti di osservazione e di navigazione astronomica, molti dei quali derivati dagli antichi strumenti greci, come appunto l'astrolabio.

Il più antico astrolabio esistente in Europa risale all'anno 912 e si trova a Parigi. L'ampia diffusione di questo tipo di strumenti portò alla nascita, anche in Europa, di esperti artigiani, costruttori di astrolabi originali - famosa la scuola italiana e quella francese - ma anche abili riproduttori di antichi modelli arabi.

Il disco di rame o di ottone presenta un orlo graduato, su cui ruota un'alidada munita di traguardi per fissare l'astro di cui si vuole determinare l'altezza.
Su questo disco, detto madre, è inserita una rete o ragno, su cui sono riportate delle punte, indicatrici di alcune delle stelle più brillanti, e alcuni anelli raffiguranti l'eclittica (la fascia del cielo, cioò, in cui si compie il moto apparente del Sole e dei pianeti) e i tropici. All'interno della madre sono inseriti dei dischi piatti o timpani su cui sono incise le proiezioni dei sistemi di coordinate celesti, utili per la determinazione della posizione del luogo in cui viene fatta l'osservazione. Osservazione che si eseguiva sospendendo l'astrolabio a un dito o a un'asta e traguardando un astro in cielo attraverso i piccoli fori praticati all'estremità dell'alidada. È questo un piccolo regolo inserito sulla madre, a cui viene consentito di ruotare da una spina, o cavalletto, così chiamato per la caratteristica forma di cavallo che aveva la maggior parte di queste spine negli strumenti più antichi. La presenza di più timpani, cioè di più proiezioni delle coordinate celesti, consentiva l'utilizzo di un astrolabio a diverse latitudini. Si poteva così, partendo dalla misura dell'altezza della Stella Polare e osservando differenti stelle, servendosi delle graduazioni incise sul dritto e sul verso dello strumento, determinare l'ora locale o ricavare informazioni sulla latitudine, l'altezza massima della stella o del Sole in quel giorno e le loro posizioni relative ad altre stelle o alle costellazioni della fascia dello zodiaco, da cui deriva, quindi, l'utilizzo dell'astrolabio per compiere anche previsioni astrologiche.